...Stringeva la lettera tra le mani. Ogni tanto abbassava gli occhi e guardava con folle intensità l’inchiostro sbiadito, le sfumature lasciate da una mano sudata sulla carta, le pieghe del foglio e la grafia allungata. Guardava le parole ignorandone volutamente il senso. Aveva letto quelle frasi così tante volte da averle impresse nella retina per sempre.
Quello che gli premeva ora era sentirne il suono, cogliere i tratti della persona al di là del limite fisico della pagina. Voleva guardarlo negli occhi quel dott. Luigi Magenta, voleva sentire il tono delle parole pronunciate dal loro autore, osservarlo e chiedersi se provava vergogna, fatica, rammarico o cieca indifferenza...




Come Fragola e Cioccolato. [ seconda parte]

Stringeva la lettera tra le mani. Ogni tanto abbassava gli occhi e guardava con folle intensità l’inchiostro sbiadito, le sfumature lasciate da una mano sudata sulla carta, le pieghe del foglio e la grafia allungata. Guardava le parole ignorandone volutamente il senso. Aveva letto quelle frasi così tante volte da averle impresse nella retina per sempre. Quello che gli premeva ora era sentirne il suono, cogliere i tratti della persona al di là del limite fisico della pagina.
Voleva guardarlo negli occhi quel dott. Luigi Magenta, voleva sentire il tono delle parole pronunciate dal loro autore, osservarlo e chiedersi se provava vergogna, fatica, rammarico o cieca indifferenza. Lo immaginava vecchio.
Lo vedeva sommerso da pile di polverose scartoffie, dietro una scrivania troppo stretta per i suoi 85 chilogrammi, in una stanza dove non entrava mai la luce del sole. Doveva essere una di quelle persone tristi che non si accorgono della loro tristezza e la scambiano per arrogante superiorità. Sudaticcio e sbiadito, con uno sguardo appuntito da ratto e la voce stridula di chi sembra sempre colpevole di un bianchetto di troppo. Tanto l’aveva immaginato, il suo signor dott. Luigi Magenta, che si mise a parlare a voce alta. Fissava la lettera, ma parlava con lui.

- Ma lo sa Signor Avvocato che io da bambino volevo diventare dottore? Volevo che le mie mani salvassero vite umane, volevo impugnare bisturi e non pistole.  ...In quanto elemento altamente dannoso per la buona riuscita aziendale, sobillatore e leader di un movimento operaio non autorizzato. Pertanto consideri immediato il suo licenziamento, dovuto esclusivamente al suo endemico istinto alla ribellione e alla sua predisposizione alla violenza che per troppo tempo hanno minacciato gli interessi dei miei clienti...”
Predisposizione alla violenza. Lui, che aveva partecipato alle marce in favore della pace e gridato slogan nelle piazze sessantottine a difesa della resistenza pacifica a qualsiasi forma di oppressione. Non erano tanto le accuse, quanto la frase conclusiva che lo sconcertava di più.
Ogni volta che la rileggeva, una serie infinita e rapida di immagini e mozziconi di conversazioni si sovrapponevano al paesaggio circostante, creandogli un senso di vertigine e di vuoto. "...Liberando i miei clienti da ogni tipo di responsabilità nei suoi confronti, con la presente la informo che da questo momento in poi la sua salute dipende solo da lei e dal manipolo di disperati che come lei si oppongono allo sviluppo economico e alla stabilità politica che solo un ordine mondiale guidato dal libero mercato potrà garantire”.

Mariano non era certo intimorito dai contorni quasi ridicoli di quella che sembrava una vera e propria minaccia. Quello che lo sconvolgeva era l’accostamento delle sue azioni sindacali con l’attività delle Brigate Rosse. L’avvocato Magenta non era stato esplicito ma il riferimento emergeva prepotente tra le righe fumose della lettera e non lasciava alcun beneficio del dubbio.
Il 16 marzo, dopo gli accadimenti di via Fani, la società italiana, e non solo, si era inesorabilmente divisa tra terroristi e coraggiosi difensori della libertà e della giustizia. Lui aveva rifiutato fin dal principio le proposte eccitate di unirsi alla lotta armata e aveva guardato con tristezza e rassegnazione gli amici più cari cedere all’illusione di un ideale trasformato in fanatismo.
Il rapimento dell’Onorevole Aldo Moro era stata la conferma che le frange più estreme erano riuscite ad imporsi anche a livello intellettuale sui gruppi più moderati, modificando scelte e linguaggi per adeguarli al nuovo nemico. Più volte avevano cercato di convincerlo che quello era l’unico modo per farsi ascoltare, che l’epoca richiedeva atti estremi e sacrifici esemplari. C’era bisogno di uomini coraggiosi e carismatici come lui, capaci di indirizzare le masse verso l’obiettivo comune.

Nuove idee, rivoluzionarie rispetto al modo abituale di concepire i contorni dell’esistenza, possono investire come un mare gonfio di pioggia. In quei pochi istanti in cui il respiro rimane sospeso, la mente è riempita dal vuoto assoluto, svuotata di passato e di memoria. Si ha come la sensazione di poter ricominciare la vita dal principio, senza lasciare traccia del precedente passaggio.
Ma poi il cuore riprende la sua corsa, l’ossigeno torna ad alimentare il cervello e la mente è sospinta indietro, al suo involucro originale. Solo alcuni si perdono in quel limbo di mezzo, senza fare ritorno e senza  approdare ad una nuova identità. Si fanno chiamare anarchici, come se il caos e l’assenza di regole che vorrebbero imporre alla società, servissero a ristabilire un qualche ordine provvisorio all’interno di loro stessi.
Mariano aveva ascoltato i loro discorsi con attenzione, restandone ipnotizzato e subendone il fascino, ma solo per pochi istanti. Era il suo fisico a reagire, mettendo in allarme la mente con pulsazioni improvvise e strazianti alle tempie e al cuore.
Aveva pensato ad Anna, ai rischi che anche lei correva per restare al suo fianco e alla fine si era imposto una decisione netta, prendendo le distanze dal movimento e dai suoi giochi autodistruttivi. Solo a quel punto, col lucido distacco che solo la distanza può dare, si era reso chiaramente conto della follia e dell’orrore.

Ora, tra le parole calzate di quella missiva, veniva brutalmente riavvicinato a tutto ciò che aveva ripudiato con forza. Gli venne in mente un articolo di Umberto Eco che aveva letto mentre aspettava l’inizio del  turno serale. “La lotta è tra grandi forze, non tra demoni ed eroi. Sfortunato allora quel popolo che si trova tra i piedi eroi, specie se costoro pensano ancora in termini religiosi e coinvolgono il popolo nella loro sanguinosa scalata ad un paradiso disabitato.”
Un’onda più impetuosa delle altre urtò violenta contro il muricciolo del pontile e Mariano si ritrovò bagnato dalla testa ai piedi, ma di nuovo in possesso della sua abituale lucidità.
In quel momento gli sembrò che qualcuno, con un gesto distratto, avesse inesorabilmente segnato la direzione sciagurata del suo destino.
Con uno scatto brusco si diresse verso l’uscita del porto. Il dott. Luigi Magenta non si materializzò per incanto al suo fianco, ma dalla sua scrivania di ciliegio finemente intagliata, avvertì un brivido gelido percorrergli la spina dorsale, per arrestare la sua corsa fulminea proprio al centro del cervello.
Erano le 19.30 dell’ 8 maggio 1978 e il nostro esimio Dottore, di professione avvocato, si alzò lentamente, attraversò la stanza  e chiuse con forza la finestra.

L'ANGOLO DI LETIZIA - a cura di portorecanatesi.it