..Eppure, se ci fermassimo per un attimo dal nostro sfrenato agire quotidiano, ci ricorderemmo quello che parole inflazionate come globalizzazione possono significare: il mondo che diventa paese grazie alla mente illuminata del progresso, non può più permettersi; di ignorare quello che accade nella porta accanto."...




Medio Oriente Goog Night.

Scende di nuovo la notte sul Medio Oriente, una notte che non è più intervallata da momenti di luce, come se per una parte piccolissima ma tanto importate del mondo fosse improvvisamente scomparso il sole e nessuno se ne fosse accorto. I fuochi fatui dei negoziati eterni si sono interrotti, in che momento esattamente nessuno può dirlo, è troppo tempo che la guerra sotterranea inquina i rapporti tra israeliani e palestinesi, difficile dire chi abbia sferrato il primo colpo, impossibile discernere ormai l’intreccio delicatissimo tra diritti e responsabilità.

Le testate di tutto il mondo che fino a pochi giorni fa esibivano a lettere cubitali l’ultimo atto coraggioso del condottiero d’Israele - il ritiro da Gaza benedetto dalla comunità internazionale e osteggiato fino alla fine dei coloni israeliani abbarbicati alle mura cadenti delle loro ex-case – oggi si ritrovano a cambiare il vocabolario della pace con i consueti vocaboli del conflitto: soldati rapiti, escalation, Nuovi raid sul Libano. Razzi sul Neghev
Le notizie hanno una data di scadenza che coincide con i tempi presenti della realtà, ed è per noi così difficile conservare la memoria delle origini che oggi ci troviamo ad osservare distratti il riaccendersi della miccia mediorientale, come se, al tracciare una linea tra gli alti e i bassi degli ultimi 50 anni di storia, il quadro che ne esca sia di guerra permanente e allora, perché stupirsi oggi se il fuoco sul quale Sharon aveva gettato un mucchietto di terra sta di nuovo avvampando alto e potente?

Eppure, se ci fermassimo per un attimo dal nostro sfrenato agire quotidiano, ci ricorderemmo quello che parole inflazionate come globalizzazione possono significare: il mondo che diventa paese grazie alla mente illuminata del progresso, non può più permettersi di ignorare quello che accade nella porta accanto.
Eppure, lo spirito di conservazione ci spinge a vivere il nostro limitato contorno come se fosse il centro di un mondo che inizia e finisce nel giardino di casa. Dalla mia generazione in avanti si è persa la memoria della guerra, i sessant’anni ininterrotti di pace vissuti soprattutto dall’Italia - per fortuna risparmiata dagli attentati terroristici che hanno insanguinato i vicini europei - hanno seminato in noi un meccanismo di inconscia invulnerabilità, dando per scontato che il nostro privilegiato stile di vita sia un diritto ormai acquisito e che c’è sempre qualcuno, al di sopra di noi, capace di preservarlo intatto, difendendolo dalle ripercussioni improvvise degli avvenimenti esterni.
E forse il nostro inconscio non si sbagliava poi tanto…

Sfogliando “Internazionale”, un settimanale che raccoglie i migliori articoli dei giornali di tutto il mondo, ho scoperto che in una villa di Ginevra, dove ha sede il centro Henri Dunant per il dialogo umanitario, lavora un gruppo specializzato nell’arte di fare la pace.
Il centro Hd, come lo chiamano i circa trenta dipendenti di diciannove nazionalità diverse, è stato fondato nel 1999 con l’obiettivo di favorire il dialogo tra i soggetti coinvolti nel tipo di conflitto più violento che esista: la guerra civile.
Il servizio principale che offre, con efficienza e assoluta neutralità, è quello di far incontrare persone che si odiano e mediare tra loro: ovvero, avviare il dialogo tra governi e ribelli che si sono demonizzati e uccisi a vicenda. Con un budget annuale di sette milioni di euro – decisamente più economico rispetto ai miliardi spesi ogni anno da Nazioni Unite e Ministeri degli Esteri del mondo – il Centro Hd in sostanza lavora per salvare delle vite e rendere il mondo un posto meno insicuro.
Le decisioni prese nel centro, in assoluto segreto e discrezione, hanno il vantaggio di non essere ostacolate da processi burocratici o dalle manovre politiche che spesso inquinano le operazioni delle principali organizzazioni internazionali.
E l’indipendenza del Centro, che per le sue attività non riceve mai soldi dai diretti partecipanti nel processo di pace, gli ha consentito di essere eletto arbitro eccellente delle situazioni esplosive disseminate in questo nostro piccolo mondo, tanto che negli ultimi sette anni i finanziamenti del centro sono quintuplicati.

Ma purtroppo per noi, il conflitto in atto oggi sullo scenario mediorientale non ha le caratteristiche proprie della guerra civile, oggetto delle accurate attenzioni del Centro HD, ma di guerra vera e propria: con i civili coalizzati con i rispettivi governi; con i governi incapaci di tenere sotto controllo i gruppi armati extra-parlamentari; con le nazioni limitrofe che si schierano e fanno muro contro il diritto di Israele ad esistere, il diritto dei palestinesi a possedere una terra, il diritto dei libanesi a non veder scomparire sotto le macerie 15 anni di pace; con la comunità internazionale inascoltata nei suoi confusi appelli e impotente nelle sue ariose prese di posizione. Guerra.
E di fronte a tanti numeri, a tanti lutti, rimane in fondo solo quella sensazione di genuino stupore, di fronte al senso di impotenza che l’uomo comune prova quando prende coscienza dell’umana, imprevedibile ed illimitata capacità di andare, contro ogni logica, a colpire l’unica cosa al mondo che andrebbe protetta al di sopra di tutto: la vita.
E, con essa, il diritto imprescindibile di ciascuno a viverla in pace.

Articolo pubblicato anche sul sito di Popolis:
http://www.popolis.it/SezioneEspansa.aspx?EPID=29!10!29!12!45946!

L'ANGOLO DI LETIZIA - a cura di portorecanatesi.it