I Racconti premiati:
Porto Recanati, il cuore della multiculturità
Testo vincitore del Concorso
						Avevo soltanto tre anni quando sono venuta per la prima volta in Italia, qui a Porto Recanati. Non sapevo ancora 
						cosa mi aspettasse dall’altra parte del mondo, ma dopotutto che cosa può sapere una bambina sul suo futuro 
						o destino che sia?
 Nonostante questo, ricordo di aver avuto una grande paura che, ad essere sincera, fino 
						a poco tempo fa ho voluto ignorare, cercando di non darle peso. Ma oggi, dopo che sono passati più di dieci 
						anni, ho capito che quella paura e quell’ansia in realtà erano e sono ancora legati al timore di iniziare 
						qualcosa di nuovo, che ha il potere di cambiare la mia vita in meglio o in peggio.
						Devo dire che per me non è stato per niente facile affrontare tutto e tutti, ma con il passare del tempo ho 
						iniziato ad amare l’Italia e se qualcuno, in questo momento, mi domandasse: “Consideri l’Italia la tua 
						casa?” Allora risponderei dicendo: “Assolutamente sì”, perché qui ho scoperto la vera me e questo un po’ grazie 
						alla scuola e un po’ grazie al luogo in cui vivo: l’Hotel House.
						Tutti sanno che Porto Recanati è una città abbastanza piccola, ma in compenso è piena zeppa di immigrati, come 
						me. Questo fatto da un lato pone dei problemi molto seri e dall’altro anche delle opportunità. 
Prendiamo ad 
						esempio la scuola: a differenza dei loro padri, ai miei compagni è stata data la possibilità di confrontarsi con 
						ragazzi di altre culture e questo migliora la loro capacità di essere tolleranti, perché il più delle volte 
						gli intolleranti (i cosiddetti “razzisti”) non sono altro che ignoranti, nel senso che ignorano, cioè hanno 
						poche conoscenze. 
Inoltre questi ultimi non dispongono della capacità di valutare obiettivamente, 
						visto che sono chiusi dentro il loro angolo. Non riescono neanche a percepire la possibilità di confronto 
						come una ricchezza, o una fortuna o ancora una gioia. 
						Vivere insieme ci insegna a guardare la vita da una prospettiva del tutto diversa, o più semplicemente, ci 
						insegna ad essere aperti nei confronti della diversità, sì, perché la diversità, come ci ha insegnato anche la 
						natura, non è di certo un difetto, anzi, ci rende tutti quanti molto speciali. 
Quindi si tratta solo di 
						capire che, se fossimo stati tutti identici, non ci sarebbe stato nessuno sviluppo, in pratica nessuna 
						crescita, non solo culturalmente o socialmente, ma anche economicamente.
 In queste pochissime righe intendo 
						affermare che la scuola italiana è stata profondamente cambiata dal processo storico che negli ultimi anni ha 
						portato qui migliaia di uomini da ogni parte del mondo in cerca di un lavoro e di una vita migliore.
						Come ho citato prima, si tratta di immigrati, che molto probabilmente continueranno ad invadere il mondo 
						occidentale con una forza inarrestabile, che ci piaccia o no, ed è proprio per questo motivo che desidero 
						parlare del cuore della multiculturalità di Porto Recanati, ossia l’Hotel House. 
						Credo che la definizione che si addice di più a questo luogo è “un fastello di contraddizioni” e questo per 
						varie ragioni. 
 Innanzitutto perché qui vivono persone di nazionalità diversa, quindi portatori di 
						mentalità diverse e poi perché ognuno vive la difficoltà di conciliare il mondo degli affetti, che parla la 
						lingua appresa da piccoli nei vari angoli del pianeta, con il mondo del lavoro, della scuola, delle relazioni 
						sociali, che parla la lingua italiana ed esprime la cultura del mondo occidentale. 
 Certo non è facile 
						conciliare esperienze di vita e culture tanto diverse, ma, se l’obiettivo è vivere in Italia, solo cercando di 
						mettere d’accordo questi mondi diversi si potrà raggiungere la vera integrazione, che non vuol dire 
						dimenticare le proprie origini, ma saper guardare avanti e trovare la propria strada in sintonia con le leggi e 
						gli usi del paese in cui si è scelto di porre radici. 
						Personalmente parlando, i miei genitori non mi hanno mai costretta ad andare contro le mie inclinazioni riguardo 
						alle relazioni sociali, infatti non ho vissuto limitazioni, che invece sono state poste a molti miei 
						coetanei nei confronti dei rapporti umani all’esterno di questa piccola comunità, che è l’Hotel House. 
 
						Quest’ultimo atteggiamento, però, si ripercuote sopratutto sulle donne, spesso costrette a subire 
						un’intransigente chiusura ad ogni forma di integrazione, quindi, come conseguenza, non sono consapevoli dei loro 
						diritti e doveri, in questo modo non sono in grado di ribellarsi. Beh…che dire! 
Questo è solo uno dei 
						tanti problemi legati all’immigrazione, ma l’elenco sarebbe ancora lungo!
						Spero solo che un giorno le persone non parlino male di questo luogo a causa della sua immagine negativa, ma 
						inizino a considerarlo come un cuore che pulsa, come un immenso tessuto umano fatto di tanti volti e noi stessi, 
						noi che ci viviamo, dovremmo per primi evitare di oscurarlo, al contrario dovremmo darci da fare per 
						costruire un’immagine positiva. 
Ebbene sì, non mi vergogno ad affermare che qui i problemi ci sono e forse 
						ci saranno sempre, d’altra parte c’è una cosa di cui vado più che fiera, cioè che stando insieme con queste 
						persone, di colore e non, ho imparato che talvolta bisogna cambiare opinione ed essere in grado di 
						tollerare l’imperfezione, perché dopotutto sono esattamente questi gli obiettivi di una società giusta e 
						di una scuola aperta alla multiculturalità. 
						In conclusione, posso soltanto consigliare agli “italiani di domani” che è bene che si attrezzino con 
						tenacia e saggezza per far fronte a questo evento storico, che ha portato e porterà gli stranieri nel 
						Nostro Paese, dico “nostro”, perché io sento ormai di appartenergli. 
 Inoltre vorrei che ricordassimo e 
						scolpissimo nel nostro cuore queste parole: “La Terra è di tutti, perché tutti noi siamo figli di Dio o Allah (o 
						in qualunque altro modo si voglia chiamarLo), quindi non esistono stranieri sotto gli occhi divini!”
						
Maisha Alam
Porto Recanati, 16/07/2013