Su Vittorio Agnoletto.
di Aurelio BUFALARI
 

Ho ricevuto una garbata e civile – per cui lo ringrazio – lettera di Davide Tramannoni circa la mia interpretazione, apparsa sulle pagine del Corriere Adriatico, della vicenda che ruota attorno alla presentazione fatta da Vittorio Agnoletto del suo ultimo e recente libro: “Prima Persone. Le nostre ragioni contro questa globalizzazione”. Davide “prova” a dare una lettura diversa da quella da me data, ma io intendo prima sistemare una questione che metterà le cose a posto per quel che riguarda il mio scritto.

 L’articolo apparso sul giornale non è in alcun modo esaustivo del mio pensiero in quanto risulta di molto ridotto rispetto alla sua stesura originaria, e non per colpa mia. Non è qui il caso di spiegare i motivi del perché le cose siano andate così, ma debbo ritornare comunque su quella originaria pagina per far risaltare meglio il mio – del tutto soggettivo – ragionamento.

Caro Davide, la questione centrale del discorso di Agnoletto non è in alcun modo da legare agli applausi che – ammettiamolo – non lo hanno premiato, ma al fatto che la sua fondamentale polemica “politica” si è articolata intorno a certe prese di posizione, rispetto al Social Forum e allo stesso Agnoletto, di alcuni autorevoli rappresentanti dei DS. Che lo abbia fatto a mo’ di difesa “a posteriori” non cambia i termini della questione. Proprio sulla questione della globalizzazione, il “Dottore” possiede idee chiare e sa che l’avere a “disposizione” un movimento – anti o new, non fa differenza – lo proietta verso quelle mete politiche che finché è rimasto ammirevole apostolo e missionario anti Aids gli erano precluse. In prospettiva, il capo di un “movimento” di massa ha più chances di essere dentro la “post modernità” che non un qualsiasi segretario di partito.

È chiaro che Agnoletto vuol ormai essere inserito negli alti ranghi della politica nazionale ed esserne riconosciuto come uno dei capi. I suoi veri avversari sono tutt’ora i capi dei partiti politici e non gli Americani o le multinazionali. In fondo, se ci pensi bene, li ha chiamati in causa solo di passaggio, a mo’ di “carrettella” – una battuta che i capo comici del vecchio varietà e del teatro buttavano in scena, anche fuori copione, per riscaldare un pubblico che andava intiepidendosi. Classica carrettella dei passati recenti dibattiti politici era il dar del ladro a Craxi anche se col discorso non aveva nessuna attinenza.

Un bel saggio del massimo sociologo della sinistra francese Alain Tourain – “Libertà, Uguaglianza, Diversità. Si può vivere insieme?” – spiega molto bene i termini in gioco nel fenomeno della globalizzazione e, con tutti i proporzionamenti del caso, io non sono molto distante da quell’analisi. Tourain afferma che non può esservi una globalizzazione di marca americana perché la globalizzazione è un fatto sociale e non una cultura nazionale da espandere o esportare – cosa, d’altronde, che gli Stati Uniti nemmeno hanno.

I veri protagonisti, cioè i veri soggetti, del nuovo diritto globalizzato sono i “movimenti sociali” e chi ne tiene il polso è il loro vero interprete. Attenti però al ritorno dei piccoli “gruppi identitari”. Tra Agnoletto e i partiti non ci sarà mai vero feeling, ma eventualmente sì una ipocrita strumentalizzazione reciproca. Il “Dottore” tutto questo lo sa, e possiede abbastanza ambizione per cercare di metterlo a frutto nel migliore dei modi. Mi scuso, caro Davide, per la mia prolissità, ma non potevo essere più breve. Un caro saluto.

 

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