Incontro sul Rigassificatore a Porto Recanati: la Relazione.

| di Bruno SAMPAOLESI | inserito il 07/08/2008 | Stampa


Incontro pubblico sulla questione Rigassificatore a Porto Recanati tenutosi presso il cortile sud dell'edificio della ex Scuola Diaz alle ore 21,30 del 25 luglio 2008

l dibattito sul Rigassificatore a Porto Recanati, avviato in questi giorni di calura estiva, ci sembra un po’ superficiale; Specialmente da parte della amministrazione pubblica la quale, invece, dovrebbe essere la più attenta alla salvaguardia degli interessi , soprattutto, connessi al rischio sicurezza, al rischio ambientale, alle ricadute economiche. Premesso che, a livello nazionale, non condividiamo la scelta di puntare sul gas per diversificare la forte richiesta di energia mondiale; e che secondo noi altre, sono le scelte da compiere in questo campo.
Ci riferiamo a fonti di energia alternativa, pulita, ecologicamente sostenibile quali sono l’eolico, il fotovoltaico, le biomasse ed altro, visto anche come è ridotto il nostro pianeta dal punto di vista dell’inquinamento e del riscaldamento conseguente.
Riteniamo che questa scelta sia stata già fatta in anni precedenti, sia dal governo di centrodestra, sia dal governo di centrosinistra; ma soprattutto è stata fatta dalle multinazionali del petrolio, che sono le stesse che gestiscono il gas, le quali per mantenere il loro potere, sia politico, che economico, stanno riconvertendo la produzione di energia, dal petrolio al gas metano, anche per controbilanciare lo strapotere della Russia di Putin in questo settore. Speriamo che questo, almeno serva a fermare, l’altro settore in cui spingono altre forze del potere capitalistico, quello del nucleare.

Un chiarissimo segnale di questa scelta lo dà la delibera 178 del 2005 dell'Autorità per l'energia che stabilisce di incentivare nuovi investimenti remunerandoli al 10,6% per 15 anni ed inoltre prevede un «fattore di garanzia che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell'impianto, la copertura di una quota pari all'80% dei ricavi di riferimento» per i costi fissi del terminale. Ovviamente la ricaduta di questi costi sarà sui consumatori attraverso le bollette del gas e dell’elettricità.
Finchè ci saranno questo tipo di aiuti alle multinazionali del petrolio, nessuna politica per l’energia pulita potrà decollare.
In Italia la principale fonte di energia è il gas che è commercializzato al 91,15 per cento dall'Eni che è una società controllata dallo stato.
La rete di distribuzione italiana tramite gasdotti è la più diffusa ed efficiente in Europa e raggiunge oramai quasi tutta la penisola; l'82,62 per cento del gas che arriva nelle nostre case è importato tramite gasdotti dalla Russia e dall'Algeria. La riduzione delle importazioni, anche da uno soltanto dei due grandi Paesi produttori, può creare una emergenza in Italia.
La costruzione di rigassificatori permetterebbe di uscire dal duopolio quasi esclusivo di Algeria e Russia.
La possibilità di importare gas da altri Paesi, anche lontani, aprirebbe il mercato italiano alla concorrenza. Queste sono tesi del tutto opinabili in quanto il consumo interno di energia è comunque garantito dai gasdotti dell’ENI che a meno di situazioni straordinarie soddisfano interamente il fabbisogno di energia interno. Né si può addurre come motivazione la diminuzione di costo per le industrie e i consumatori finali in quanto, secondo Fulvio Conti, Amministratore Delegato dell'Enel, ha dichiarato che "sono aumentati i consumi, ma sono stati ridotti gli stoccaggi, anche a causa di una errata interpretazione del ministero dell'Ambiente, che ha bloccato 500 milioni di metri cubi. Il gas costerà sempre di più e sarà sempre legato al prezzo del petrolio.
Anche con i rigassificatori il prezzo non scenderà: non sta scendendo in Francia dove se ne stanno realizzando quattro, né in Spagna dove se ne stanno facendo sette".


Quindi in Europa, siamo l’unico paese che ha presentato domande per costruire 13 rigassificatori.
Molte di queste domande sono fatte da società straniere che vorrebbero venire qui a fare magazzino. Si prospetta una funzione di hub del territorio italiano per il resto del continente europeo.
Tutto questo mentre l’Europa sta sviluppando sempre di più le fonti energetiche alternative. Quelle che poi non lasciano ai figli brutte eredità. Quindi che situazione abbiamo in Europa per i rigassificatori ??
Terminali di rigassificazione per paesi nel 2006:
Belgio 1, Cipro 0, Francia 2, Germania 0, Grecia 1, Irlanda 0, Italia 1, Lettonia 0, Olanda 0, Polonia 0, Portogallo 1, Spagna 5, Svezia 0, Inghilterra 1. Le proposte per i vari paesi sono:
Belgio 0, Cipro 1, Francia 3, Germania 1, Grecia 2, Irlanda 1, Italia 13
Risulta evidente la sproporzione dell’italia rispetto agli altri paesi europei.
Altrettanto evidente la sproporzione dei paesi che si affacciano sul mediterraneo
(Spagna, Francia, Italia) rispetto agli altri. e l’italia e’ la regina del mediterraneo.

Quindi non è solo quella delibera che determina la sproporzione, ci sono altri motivi più gravi, che analizzeremo più avanti parlando di sicurezza e di utili delle multinazionali del gas.
La Germania come tutti sanno punta molto sulle energie rinnovabili specialmente il fotovoltaico. I paesi bassi, specialmente l’Olanda, puntano molto sull’eolico. E’ stata inaugurata in Olanda, la più grande centrale eolica off shore del Paese, l’impianto fornirà 435 GWh l’anno di energia elettrica, in grado di soddisfare il fabbisogno di 125.000 famiglie e di evitare l’emissione di 225.000 tonnellate di CO2.
Si tratta dell’impianto di maggiore potenza al mondo realizzato oltre il limite delle 12 miglia marine, oltre ad essere quello installato alla maggiore profondità (tra i 19 e i 24 metri).
Il Presidente dell’azienda che l’ha realizzata ha dichiarato: « La nostra strategia è semplice e chiara: costruiremo una nuova centrale eolica off shore ogni anno». In Italia invece si farà un rigassificatore ogni anno in ossequio agli interessi delle multinazionali del petrolio.
E in Olanda non sono al governo un manipolo di verdi ambientalisti che sanno dire solo no o un gruppo di facinorosi no-global. Ma tant’è.
Naturalmente queste considerazioni sono del tutto opinabili.
Si può essere d’accordo o non esserlo, per parte nostra faremo tutto quello che è in nostro potere per affermare questa politica.

Ma quello che, per i cittadini portorecanatesi, non deve essere assolutamente opinabile sono le questioni legate alla sicurezza. Qui dobbiamo essere tutti d’accordo, di destra, di centro, di sinistra, extraparlamentari o no. Le garanzie rispetto alla sicurezza le dobbiamo ottenere con ogni mezzo.
Allora partiamo dalla legge Seveso: quella fatta dopo l’incidente dell’Icmesa qualcuno se la ricorderà.
Quella legge e le sue successive modificazioni anche in ottemperanza a precise direttive europee dice:
I rigassificatori sono classificati come impianti che svolgono "attività a rischio di incidente rilevante".
Quindi stabilisce che: • per ogni stabilimento a rischio di incidente rilevante la redazione di un piano di prevenzione e di un piano di emergenza;
• la cooperazione tra i gestori per limitare l'effetto domino (ossia le possibili "reazioni a catena" fra impianti vicini a rischio di incidente rilevante);
• il controllo dell'urbanizzazione attorno ai siti a rischio;
• l'informazione degli abitanti delle zone limitrofe;
• la costituzione di un'autorità preposta all'ispezione dei siti a rischio.
Inoltre stabilisce l’obbligo di consultare la popolazione interessata per una più efficace redazione dei piani di emergenza e l’introduzione di misure per la salvaguardia di eventuali vie di trasporto presenti nell’area circostante lo stabilimento. Perché gli impianti di rigassificazione sono stati classificati attività ad alto rischio di incidente rilevante?

Come vedete non è una domanda preconcetta o ideologica ma una domanda prettamente tecnica ed anche di semplice soluzione.
Qualcuno avrà studiato la questione dal punto di vista scientifico ed è arrivato a questa conclusione. Benissimo. Quello che è strano è che non ho trovato da nessuna parte le motivazioni di questa classificazione ne leggendo di chi dà le autorizzazioni a questi impianti ne da chi gli impianti li costruisce e ci guadagna, cioè il progetto di Gaz de France.
Allora ho cercato di capire il perché, autonomamente, raccogliendo informazioni, sia da chi è favorevole agli impianti sia da chi è contrario. Ma principalmente leggendo attentamente il progetto preliminare presentato da Gaz de France. (tra breve troverete il testo integrale di tale progetto sul sito www.lacasadelpopolo.it)
Tutto ciò non ha fatto altro che aumentare le domande e i dubbi su tutta la questione.
E vorrei, veramente che questi dubbi fossero fugati da esperi e tecnici della Gaz de France stessi di cui abbiamo richiesto insistentemente la presenza. Innanzitutto bisogna dire che la legge Seveso si riferisce ad impianti sulla terraferma. Per quanto riguarda impianti Off-shore, sul mare, gli Ingegneri Luigi Severini e Mario Martelli, esperti del campo, intervistati nella recente inchiesta condotta dalla trasmissone «REPORT».

L’ingegner Severini dice:
Sono sicuro che gli impianti a terra sono più sicuri degli impianti a mare. Non mi sento sicuro a mare perché, ripeto, le caratteristiche operative di un impianto off shore sono meno garantite, meno sicure di quelle di un impianto a terra.
Se va a finire in mare un serbatoio si ha un riscaldamento incontrollato del gnl che sta dentro. Quindi se pressurizza può fare il botto. E lì c’è l’evento catastrofico. Perché il problema è che stiamo parlando di attività ultrasicure se gestite dall’uomo, non si ha dubbio che anche le criticità vengono risolte a terra, ma una volta che ti sfugge il controllo dell’impianto, che il serbatoio non è più tuo, che è stato preso e messo a bagnomaria, come fai a garantire più la sicurezza?
Sono quantità di liquido enormi, stiamo parlando di…due serbatoi che fanno 280.000 m3 moltiplicati per seicento volte.
280.000 m3 di gas liquido a pressione dentro due serbatoi, moltiplicati per 600, se cascano in mare, diventano all’improvviso 168 milioni di m3 di gas che fanno il botto dentro i serbatoi.


Mentre l’ingegner Martelli dice:
Per esempio al seguito del fluttuare della nave, si può arrivare a una variazione di stato, per cui il gas passa da liquido a gassoso all’interno della nave, anche se ci sono dei dispositivi per evitare questo fatto, e quindi si può arrivare a uno scoppio delle cisterne con fuoriuscita di nuovo del gas. Questo gas si vaporizza perché l’acqua di mare cede calore e si vaporizza anche piuttosto rapidamente e si formano nubi, le quali nubi possono incendiarsi in loco, per esempio arrivano i soccorritori, una scintilla e si incendia tutto.
Le nubi, come tutte le nubi di questo mondo, sono trasportate dal vento. Ma potrebbe anche accadere che inizialmente la nube non si incendi, sia trasportata dal vento e arrivi per esempio, all’impianto petrolchimico di Livorno,
(nel nostro caso all’API di Falconara) lì ci sono dei cerini, delle fiaccole che la incendierebbero inevitabilmente.

Insomma ancora una volta il pericolo dell’effetto domino in caso di incidente, cioè la reazione a catena da un impianto all’altro fino a coinvolgere la popolazione.
Su questo registriamo anche quello che sostiene Piero Angela sul suo ultimo libro: «La sfida del secolo : Energia»
"Il gas freddissimo, a contatto con l'acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell'aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l'aria.
Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l'aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube".

Piero Angela prosegue: "La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell'ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche.
Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall'esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in "piccole dosi", dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell'arco di 80 anni.
Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile".


Questo scenario prospettato da Piero Angela è basato su analisi e scenari quali sono analizzati nel Sandia Report .
Il Sandia Report 2004 ossia "Guida all'analisi di rischio e alle implicazioni di sicurezza di un ampio sversamento di Gas Naturale Liquefatto (LNG) sull'acqua".
Il rapporto è stato realizzato da Mike Hightower, Louis Gritzo, Anay Luketa-Hanlin, John Covan, Sheldon Tieszen, Gerry Wellman, Mike Irwin, Mike Kaneshige, Brian Melof, Charles Morrow, Don Ragland per Sandia National Laboratories. Tale rapporto è stato commissionato dal dipartimento dell'Energia del governo Usa, ed è un rapporto indipendente.
Questi rapporti sono ormai noti, internet ne da ampia visibilità, sono fatti prendendo in considerazione fatti del tutto eccezionali e che anche se sono possibili la loro probabilità è ridotta praticamente a zero.

Forte di questa convinzione e sicuro che la tecnologia moderna mi avrebbe rassicurato rispetto agli scenari terribili sopra descritti mi sono andato a leggere il progetto preliminare della Gaz de France quello di cui la regione ha dato un primo parere positivo.
Tale progetto dice:
a) Ci sono due tipi di terminali GNL galleggianti: i cosiddetti Regasification LNG carriers (di seguito: RLC) e le Unità di Stoccaggio e Rigassificazione Galleggianti (Floating Storage & Regasification Units, di seguito: FSRU).

b) Le RLC possono essere considerate tecnologicamente sperimentate e testate. Tre navi sono già state costruite e altre sette sono state ordinate. Due progetti di questo tipo sono già operativi nel Golfo del Messico e in UK, e parecchi altri sono in fase di sviluppo negli Stati Uniti d'America e in Europa. Una RLC è in grado di operare anche in condizioni particolarmente avverse del mare.
Ma un impianto RLC destinato ad operare in modo continuo (quindi non su base spot) risulterebbe essere in qualche modo un sistema piuttosto rigido e poco flessibile, per via della specificità delle navi, che renderebbero difficile e subottimale la ricezione del GNL da fonti di liquefazione localizzate a distanze differenti.


• E qui una prima domanda: Sono o non sono sperimentate e testate??? La dicitura: possono essere considerate tecnologicamente sperimentate e testate non significa niente.
• Seconda domanda Solo tre navi esistono adatte a questi nuovi impianti?

La gaz de France continua:

La FSRU (cioè quella che si vuole installare qui da noi) è una tecnologia in fase finale di ottimizzazione, in particolar modo per quanto concerne la questione del trasferimento del GNL in mare aperto.
La tecnologia disponibile per il trasferimento di GNL(bracci articolati) limiterebbe l'operabilità alle sole condizioni favorevoli del mare. Tuttavia, la ricerca e lo sviluppo in corso riguardante i tubi flessibili criogeni dovrebbe, nel giro di alcuni anni, ampliare significativamente l'area di operabilità.
Una FSRU, in termini di capacità di ricezione di GNL proveniente da diverse fonti di approvvigionamento, ha una flessibilità simile a quella di una filiera GNL relativa ad un impianto GNL situato sulla terraferma.
I terminali GNL galleggianti sembrano particolarmente adatti nel caso dell'Italia: essi permettono una localizzazione ottimale dal punto di vista del mercato, minimizzando costì di trasporto e investimenti inefficienti sulle reti gas e, nello stesso tempo, riducono enormemente l'impatto ambientale percepito. (Badate bene quello percepito non quello reale che anzi aumenta)

Quindi abbiamo da un lato le navi tipo RLC che sono adatte per il trasporto del GNL ,ma non per operare come terminale di rigassificazione a ciclo continuo e di queste ne esistono, solo tre al mondo e sette in costruzione e dall’altro la nave tipo FSRU che è in definitiva una nave magazzino e ancora tutta da sperimentare e da verificare.
Questa è più conveniente perché può essere rifornita anche da metaniere tradizionali e quindi dare modo di funzionare a ciclo continuo.

Questa seconda è proprio a tecnologia proposta per l’impianto di Porto Recanati. E qui le domande, inevitabilmente aumentano, in quanto:
La tecnologia di entrambe i tipi di impianto, attualmente, permettono l’operabilità solo in condizioni favorevoli del mare. Come è detto sotto
E allora adesso comprendiamo perché quasi tutti i rigassificatori vengono proposti nel mediterraneo.
E specialmente in Italia.
Infatti in mari ed oceani più pericolosi l’operabilità sarebbe compromessa sia per quanto riguarda la sicurezza sia per quanto riguarda l’economicità degli investimenti.

Il progetto preliminare continua spiegandoci:
Le operazioni standard nell'ambito del progetto sono:
•  Tipo di operazione N° 1: trasferimento dalla nave alla costa in condizioni ambientali sicure;
• Tipo di operazione N°2: trasferimento da nave a nave in configurazione fianco-a-fianco per condizioni ambientali medie;
• Tipo di operazione N°3: trasferimento da nave a nave in configurazione a "tandem" per condizioni ambientali difficoltose.
Solamente i tipi 1 e 2 richiedono minori modifiche alle navi convenzionali per il trasporto di GNL e dovrebbero essere utilizzate quando l'altezza significativa d'onda ovvero nell'ordine di 2,5 metri.
II tipo 3, che dovrebbe far fronte a una altezza significativa d'onda nell'ordine di 5,5 metri, richiede navi GNL dedicate e non rientra nel nostro progetto in Italia.
(Non si capisce bene cosa significa tutto ciò: forse che non riescono a controllare l’impianto se le condizioni del mare sono particolarmente avverse?? Vorremmo che qualcuno ci facesse capire bene in parole povere, da profani.)

Ma continuiamo nella lettura di stralci del progetto preliminare: Il trasferiménto del GNL tra due impianti offshore rappresenta un anello molto delicato della catena.
Gli studi volti al perfezionamento sono in fase avanzata e dovrebbero portare ad una chiara dimostrazione dell'esistenza di soluzioni efficienti, affidabili e sicure in tempi pienamente compatibili con il presente progetto.

Qui si può solo notare l’uso del condizionale ,che non ci rassicura proprio per niente.
Dall’altro lato bisogna riconoscere alla Gaz de France il fatto che non nasconde proprio niente e la serietà di una azienda si riconosce anche da questo.

Altro stralcio del progetto:
Esistono due soluzioni per il trasferimento del GNL in mare aperto.
La prima consiste nell'usare bracci di caricamento adattati appositamente per le condizioni marine: tale soluzione è stata approvata per i progetti di Rovigo e Livorno e sarà sperimentata su questi progetti. La seconda è utilizzare tubi flessibili criogenici: tale soluzione permetterà limiti operativi più alti; attualmente è ancora in fase dì sviluppo
. (Cioè di nessuna si ha la padronanza della tecnologia e già se ne permette l’operabilità?? La sperimentazione avviene in un impianto funzionante? Le domande aumentano sempre di più e sono sempre più preoccupanti.)
Lo stralcio che segue è veramente interessante e va letto con la massima attenzione, almeno per quello che un profano come me riesce a capire.
Questa ricerca per l'integrità inerente del sistema di trasferimento del GNL svolta persino in condizioni dinamiche reali (non esclusivamente su banchi di testing) ha portato ai seguenti aspetti principali:
• L'abilità del sistema (o di ciascuna delle sue parti) di far fronte ai movimenti assoluti di ciascuna nave in accelerazioni in 3D in tutte le fasi operative, vale a dire connessione, trasferimento del GNL, disconnessione anche in situazioni di emergenza, stoccaggio e qualsiasi fase transitoria.
• Più in particolare ed in aggiunta a tutto ciò, è la capacità di far fronte ai movimenti relativi tra il collettore (manifold) e l'estremità mobile del sistema di trasferimento indotti dai movimenti assoluti della nave che supporta quest'ultima (ad esempio un FSRU) durante le fasi di connessione e disconnessione che sono particolarmente critiche in mare. Infatti, il nuovo parametro fondamentale e cruciale è che il sistema di trasferimento del GNL è installato su un corpo mobile (la nave cisterna) le dinamiche del quale scuoteranno il sistema di trasferimento del GNL, diversamente da quanto avviene utilizzando delle attrezzature onshore tradizionali.

Questi movimenti incoercibili del sistema di trasferimento (insieme alla nave RLC di riferimento) devono naturalmente essere considerati durante il trasferimento ma essi sono perfino più critici durante le fasi di connessione e disconnessione dell'estremità mobile del sistema di trasferimento.
Questa estremità mobile deve avvicinarsi e infine entrare in contatto pieno con un altro corpo mobile, anch'esso con diversi movimenti incoercibili, trattandosi in questo caso di una nave GNL. Il JIP ALLS ha realizzato una struttura dinamica per validare questa nozione da un punto di vista pratico.
Questa struttura sì trova presso il terminale di Gaz de France di Montoír de Bretagne
.
La differenza principale è nei movimenti relativi tra le due navi in mare aperto.
Devono essere svolti alcuni studi al fine di accertare quali sono gli eventuali mezzi di attenuazione per anticipare le difficoltà causate da condizioni metoceaniche, qualora si tratti di problemi di "sloshing" (ovvero sciabordio) o problemi legati a manovre e posizionamento.
Detto in parole povere ma più chiare: sono perfettamente a conoscenza delle difficoltà che il mare grosso causa alle navi per quanto riguarda il movimento, sciabordio, di un carico allo stato liquido ma ancora debbono fare studi per attenuare tali difficoltà.

Ma continuiamo:
L'effetto sloshing è un problema di notevole importanza per ogni tipo di carico liquido. Può essere semplicemente definito come un movimento ondoso che si verifica all'interno dei serbatoi. A seconda della forma del contenimento del carico, del livello di riempimento, e in combinazione alle condizioni metoceaniche, può portare a carichi dinamici sul sistema di contenimento del carico, che il sistema stesso può difficilmente sopportare.
E qui noi aggiungiamo un’altra domanda, che ci viene in mente dalle parole dell’ingegner Martelli, intervistato da Report e che abbiamo citato prima.
Qui si parla solamente di difficoltà di tipo dinamico, ma che cosa succede per quanto riguarda al mutamento di stato del metano, da liquido a gassoso con un aumento di volume di 600 volte??
Ma continuiamo nella lettura:
Da allora in poi, Gaz de France focalizza la propria attenzione sulle condizioni metoceaniche delle zone di operazione per essere sicura che esse permettano l'impiego della propria flotta di navi convenzionali per il trasporto di GNL.
Infatti, come già menzionato in precedenza, il riempimento parziale si verificherebbe quando una nave convenzionale sta scaricando in una nave RLC. In una simile situazione, l'effetto sloshing può provocare danni seri alla membrana del sistema di contenimento.
Queste ricerche sullo sloshing devono essere effettuate obbligatoriamente per garantire operazioni sicure sia per la sicurezza stessa, per l'ambiente e per, l'integrità del sistema.
A questo non abbiamo nulla da aggiungere: è chiarissimo.
Possono lavorare, con la necessaria sicurezza, solo se c’è bonaccia, direbbe un nostro pescatore.
Naturalmente di tutto il progetto sono state messe in evidenza le parti secondo noi più preoccupanti.
E sarà compito di altri fugare queste nostre preoccupazioni e noi auspichiamo che questo avvenga al più presto.
E sarà compito ancora più gravoso di chi dovrà dare autorizzazioni a qualsiasi livello, comunale, provinciale, regionale, nazionale fugare questi nostri grandissimi dubbi.

Ancora due parole per inquadrare il progetto dal punto di vista del business, dei soldi. Per quanto riguarda l’Europa il maggior importatore è la gaz de france che importa il GNL da Algeria, Nigeria, Egitto e Norvegia. Quindi la provenienza non è troppo diversificata rispetto ai gasdotti dell’Eni. Cambia solo la multinazionale.
Durante il periodo critico per l’Italia per l’approvvigionamento del gas i prezzi dell’elettricità a gennaio, febbraio, anche dicembre erano molto più alti in Francia e Germania, in Italia conveniva importare gas oppure produrre quello che c’era a livello nazionale, non destinarlo al riscaldamento dove si cercava di ridurre i consumi e così esportare all’estero l’elettricità e guadagnarci.
Insomma ci dicevano che stavamo per morire di freddo e contemporaneamente c’era chi esportava energia elettrica prodotta con il gas importato. Un paradosso? Forse.
Sicuramente è un effetto della liberalizzazione del mercato dell’energia.
Leggendo il progetto sappiamo che:la capacità obiettivo considerata nell'ipotesi di base( si parla dell’impianto di Porto Recanati), è intorno a 5 miliardi di metri cubi/anno, con una possibile ulteriore estensione a 10 miliardi di metri cubi/anno che non necessiterebbe di modifiche alla tubazione di raccordo alla rete di trasporto (quindi di nessun impatto ambientale);
i criteri principali adottati per la scelta della localizzazione del sito sono state la prossimità al mercato (al fine di ridurre al minimo gli investimenti nella rete gas nazionale e, di conseguenza, il costo per i clienti finali), le caratteristiche metoceaniche nonché l'elevata adeguatezza tecnica della morfologia territoriale sia on-shore che off-shore.
La partita è veramente grossa. Per un rigassificatore da 10 miliardi di metri cubi, a una media di 40 cent Il m3 questo impianto, è un affare da più di 4 miliardi di euro l’anno.
(7500 miliardi delle vecchie lire l’anno)

Pensiamo che stante queste cifre, dobbiamo almeno ottenere, che gli investimenti necessari a garantire, la sicurezza dei cittadini che sopportano un impianto a rischio di incidente rilevante debbano essere spesi tutti,tanti e bene.
Inoltre i siti che accettano di correre questo rischio debbono avere un ritorno economico rilevante e non un piatto di lenticchie. Mi pare ben poca cosa il risparmio di qualche centesimo sulla bolletta del gas o della luce come pensa la nostra amministrazione.
Butto là qualche ipotesi: Porto Recanati è un paese turistico che con la realizzazione del progetto della Gaz de France, può diciamo così avere, un riscontro non positivo rispetto alla principale attività economica della comunità.

E allora occorrono investimenti proprio in questo settore ad esempio per sfruttare al meglio il Capannone Nervi; oppure pensare ad un parco a verde da realizzare con la disgraziata pineta di Porto Recanati; oppure essendo il paese drammaticamente carente di posti letto qualificati in albergo investimenti in questo comparto o un progetto di difesa della costa veramente efficace e tante altre cose ancora.
A questo punto, penso di aver sollevato abbastanza questioni, e lascio la parola ad altri più esperti di me.
Anche se ci sarebbe ancora molto da dire.Ad esempio:sul fatto che sono sette gli impianti di rigassificazione previsti solo in adriatico; sul fatto che il traffico di metaniere diventerebbe insopportabile per un mare così piccolo, si pensi che solo quello di Porto Recanati prevede, a pieno regime, 130 viaggi l’anno.
Sugli incidenti rilevanti già accaduti nel mondo.
Sulla difficoltà di approvvigionamento del gas liquefatto stesso. Perché dovete sapere che gli impianti di liquefazione sono molto pochi e tutti nei paesi arabi.
E tanto altro ancora….


Bruno Sampaolesi

| inserito il 07/08/2008 | Stampa