Risposta all'intervento "A proposito di linee editoriali" di PierPaolo Fabbracci

di Donato CAPORALINI

 

Spero che per la mia risposta alla lettera di PierPaolo Fabbracci non vi saranno  rimproveri al tono “stizzito e isterico” analoghi a quelli che, appunto, mi sono appena stati rivolti per la replica a Volpini.

Se la lettera di PierPaolo Fabbracci ha un pregio, infatti, è il suo carattere polemico, franco e diretto. Trovo insopportabile, al contrario, l’abitudine ormai così diffusa di dissimulare la critica con la premessa ipocrita di “non voler sollevare polemiche” (che è come scagliare la pietra e nascondere il braccio), così da poter opportunamente difendersi dalle repliche con il vittimismo.

PierPaolo Fabbracci, spero invece, sembra disposto a giocare il gioco – serio, istruttivo e divertente, come tutti i giochi umani – del confronto e della polemica politica e culturale; il che comporta, ovviamente, la disponibilità a prendere e dare ceffoni (solo metaforici, ovviamente) senza piagnistei.

Questo gioco, per quello che mi riguarda, sottintende due sole regole:  a) l’impegno di ciascuno all’onestà intellettuale (cioè a non falsare le posizioni proprie e dell’avversario, riconoscendo i dati di fatto); b) il rispetto per la persona, che è un valore in sé e non deve mai essere lesa nella sua dignità. Il che non vuol dire risparmiarle la critica o l’ironia, ché questo davvero sarebbe un comportamento poco corretto, perché tradirebbe  una presunzione di superiorità che affetta perfino la compassione.

Un comportamento equilibrato – bisogna riconoscerlo – non è facile, perché a volte la passione ( o la presunzione) possono vincerci. D’altra parte, ciascuno ha un proprio grado di suscettibilità, per cui non è possibile stabilire uno standard universale.

In compenso, il gioco della “confutazione dialettica” ha un elevato valore civico – come ben sapevano i greci che lo hanno inventato – poiché è attraverso il confronto  (a tutti gli effetti una forma di lotta) che si definiscono e si chiariscono le posizioni in campo, si stabiliscono le gerarchie tra le opzioni etico-politiche, si selezionano i valori di riferimento. La mancanza di un dibattito pubblico fa scadere le opinioni al livello della chiacchiera senza spessore, o della rissa. Senza un confronto pubblico una comunità non produce idee, né passione civile.

Anzi, una comunità civica non è altro che l’insieme delle relazioni dialettico-discorsive tra le diverse opzioni etiche del passato e del presente, perché è la sedimentazione –  non meccanica, ma plastica – dei valori che la prassi sociale collettiva ha storicamente prodotto, rivissuti nella dimensione dell’attualità.

Quindi, per anticipare la risposta alla parte conclusiva della lettera di Pier Paolo Fabbracci, appartenere ad una comunità (dirsi portorecanatesi, piuttosto che italiani, piuttosto che …) è una condizione che presuppone sempre (anche se lo si nega, soprattutto se lo si nega) una intenzionalità, cioè un investimento culturale e morale che definisce il senso di quella appartenenza, perché ne qualifica i contenuti, i valori, le aspettative.

Essere portorecanatesi (o qualunque altra cosa) non vuol dire dunque accedere, come sembra credere PierPaolo Fabbracci, ad una zona neutra, priva di connotazioni culturali e politiche; una sorta di universo degli affetti e della memoria comunitaria, purificato dalle disuguaglianze sociali, dalle differenze politiche e culturali. A dirla tutta, questa mi sembra, anzi, una fantasia piuttosto reazionaria, che finisce per imporre l’immagine di una Porto Recanati che non è mai esistita, costruita sullo stereotipo del buon selvaggio, innocente e ignaro delle nequizie della vita moderna: un’operazioni folcloristica, che può venir buona per intrattenere i turisti, ma fermati lì!

Quindi non c’è scampo : si è portorecanatesi (o qualunque altra cosa)  in quanto si vive questa appartenenza sulla base del proprio modo di sentire, di giudicare, di pensare.

Non c’è quindi alcun bisogno di precisare che siamo alcuniportorecanatesi.it, o qualsiasialtracosaportorecanatesi.it, soprattutto perché questo è inevitabile e costituisce la condizione di ciascuno per dirsi qualcosa.

Infatti, non c’è nessuna contraddizione tra il dirsi portorecanatesi e il vivere con intensità e anche passionalità le proprie convinzioni politiche e civili. Semmai bisognerebbe diffidare di chi vuole farci credere che il confronto all’interno di una comunità possa avvenire, come dice PierPaolo Fabbracci,  “a prescindere”. Proprio perché nessuno può prescindere dall’identità culturale con la quale aderisce ad una comunità, ribadire una parzialità scontata, come consigliatoci da PierPaolo Fabbracci, a dispetto della sua apparente inutilità e capziosità,  sarebbe in realtà un modo per ribadire una discrimanalità, di sottolineare una condizione altra, proprio perché qualificata politicamente. Ed è questo, in fondo,  che vuole PierPaolo Fabbracci. Ciò non vuol dire che al sito possano collaborare soltanto coloro che condividono le idee degli editori. Basta uno sguardo per rendersi conto dello sforzo che facciamo per dare voce alle più diverse realtà e sensibilità del nostro paese. È troppo chiedere che si dimostri rispetto per le nostre scelte editoriali e politiche e non si cominci  una discussione sottolineando la nostra parzialità?

Ma veniamo agli altri rilievi della lettera

  1. Quella di Volpini sarebbe stata, secondo Pier Paolo Fabbracci, un’educata richiesta di ascolto, a cui avrei risposto in modo isterico, inalberandomi alla prima voce di dissenso. Verifichiamo il testo di Volpini: “Da molti mesi noto, nel vostro sito, la presenza di articoli riferiti alla Scuola, nella pagina Politica e Società, tutti provenienti da un unico pensiero, che ben conosciamo. Saremmo grati se vorrete considerare anche chi non la pensa proprio come gli autori dei succitati articoli.” È vero che a volte le parole possono tradire l’intenzione, ma francamente non mi pare questo il caso: è chiaro il tono sarcastico che qui viene adottato per rivolgere una critica ad un sito che aveva dato voce ad un solo pensiero, senza curarsi, guarda un po’ che scorrettezza, di raccogliere anche altri punti di vista. Seguiva ovviamente il proclama di vittoria e il paterno consiglio all’opposizione di smetterla di fare birichinate.

Possiamo discutere di tutto, ma non prendiamoci in giro.

D’altra parte, riguardo alla nostra faziosità, è lo stesso Fabbracci che, in modo francamente un po’ comico, si autoconfuta, invitandoci a cestinare quanto da lui scritto “ poiché verrebbero meno le contraddizioni che ho rilevato”: insomma dovremmo fare i faziosi per fargli la cortesia di non smentire le sue accuse! Ma così non c’è gusto: PierPaolo Fabbracci fa tutto da solo, prima ci accusa e poi pretende che siamo noi a dargli la possibilità di avere ragione! Noi, però,  siamo dispettosi, e pubblichiamo lo stesso tutto quello che ci manda. Lui potrà comunque accusarci di scorrettezza, perché agendo in questo modo non ci saremo adattati a recitare il copione che ci aveva proposto;  così, sarà contento e finalmente d’accordo con se stesso (forse).

Sono francamente stufo di sentire la destra (o il centrodestra, che è lo stesso) fare la lezione di pluralismo, mentre quello stesso schieramento di cui Volpini e PierPaolo Fabbracci fanno parte, ha occupato monopolisticamente gran parte dell’informazione, ricavandone un enorme vantaggio elettorale e danneggiando notevolmente la vita democratica. Mentre PierPaolo Fabbracci ci insegna le buone maniere, il leader/padrone della CdL controlla direttamente o indirettamente quasi tutta la TV, quasi tutta la raccolta pubblicitaria, numerosi quotidiani nazionali e innumerevoli rotocalchi, quasi tutta l’editoria, tutta la produzione e la distribuzione cinematografica. Mentre noi ci prendiamo le reprimende di PierPaolo Fabbracci, Silvio Berlusconi si permette di aggredire e insultare un giornalista dell’Unità e una commissione del Parlamento italiano vota una mozione con la quale invita il governo a censurare i libri di storia.

E in questa situazione io dovrei farmi scrupolo di pensare che forse Volpini non voleva dire quello che ha detto?

Ma mi faccia il piacere! direbbe il principe De Curtis.

Sarò anche isterico, ma non fesso.

  1. A proposito d’isteria. Consiglierei a PierPaolo Fabbracci una maggiore cautela quando tratta di argomenti che non conosce. Eviterebbe la figuraccia di dire cose che dimostrano solo una certa superficialità. Mi attribuisce, infatti, una “psicosi dissociativa, dove il vero isterico inconsapevole della propria patologia rimuove da sé le cause del proprio malessere (sic) e le affigge (sic!) ad altra persona.

Ora, è noto a tutti (ma non a PierPaolo Fabbracci) che la psicosi è un termine che indica una classe di malattie molto gravi, nelle quali il tratto comune è l’assenza di percezione della realtà esterna  o una sua profonda deformazione, a cui si aggiungono la destrutturazione della personalità, gravi alterazioni del pensiero logico, ecc. La psicosi è quindi una cosa molto diversa dall’isteria, in cui sono invece presenti sintomi fobici o di conversione (fissazione somatica), o tratti di mitomania, istrionismo, suggestionabilità, ecc.

Ma PierPaolo Fabbracci si è confuso anche a proposito della psicosi dissociativa: quello che lui descrive attribuendomelo (dare la colpa all’altro, ecc.) è in realtà un meccanismo  di difesa, presente in varie patologie psichiche, che viene chiamato identificazione proiettiva.

Se poi, come sostiene PierPaolo Fabbracci quando mi attribuisce lo status di “unico vero isterico”, dare del “matto” a qualcuno significa in realtà confessare la propria alienazione, lascio volentieri a lui l’ultima parola sull’argomento…

  1. Alla fine di tutto questo discutere di “libertà di pensiero e di espressione”  non vorrei che andasse smarrita la causa del nostro diverbio di vedute (così è abbastanza “politicamente corretto”?). Che è il problema della scuola e della lottizzazione, di cui anche questa volta non si è voluto parlare nel merito. Noi abbiamo pubblicamente indicato alcuni motivi di illegittimità dell’accordo di programma . PERCHE’ NESSUNO USA QUESTO SPAZIO PER CONFRONTARSI CON NOI NEL MERITO DI QUESTI RILIEVI? PERCHE’ SI PARLA DI CONFRONTO E POI CI SI LIMITA A INVIARE PROCLAMI DI VITTORIA (PERALTRO INESISTENTE)? PERCHE’ QUALCUNO NON PROVA A SPIEGARCI COME E’ POSSIBILE CHE SIANO STATI ASSEGNATI DUE INDICI URBANISTICI ALLA STESSA AREA?  Ecc.

Affinché non manchi materia di confronto inserisco un altro elenco di difformità (vedi allegato). Siamo in attesa che qualcuno, magari lo stesso PierPaolo Fabbracci, si confronti con noi nel merito, naturalmente continuando a lamentarsi per la nostra faziosità…

 

 

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