Replica immediata (!) senza replica a Donato Caporalini.

di Aurelio BUFALARI

 

Lo ammetto, sono stato un ingenuo. Sapevo che Donato mi avrebbe sommerso in un oceano di parole, e sapevo che più che una replica avrei ottenuto una lezione accademica, ma ho voluto rischiare.

Ne esco con le ossa rotte perché oltre alla consapevolezza di non essere riuscito a farmi capire, ho anche la certezza di non aver capito di nuovo. A me sembra infatti che Donato confermi, con citazioni forse troppo aristocratiche rispetto alla pretesa della rubrica di cui siamo ospiti, quei concetti di fondo a cui avevo fatto riferimento senza riuscire a farmi capire.

Ciò mi impone, con umiltà, di riscrivere il mio pensiero in una forma che si lasci leggere con maggiore comprensione. Il limite è tutto mio, si intende.

Il Kant amerikano – per via della sua pretesa filo imperialista – è una lettura che dovrebbe trovare d’accordo quelli che non hanno dato la testa all’ammasso. La “repubblica cosmopolitica” è un’idea regolativa verso cui tendere – se il progetto kantiano “per una pace perpetua” non è riducibile al solo diritto di visita, e non lo è – per cui, non essendo attuale, non può evitare che siano le guerre a regolare i rapporti tra gli Stati, equiparabili attualmente a quelli dello stato di natura: guerra di tutti contro tutti. La guerra non ci sarà più, ma solo alla fine, e per arrivare alla “pace perpetua” potrebbe servire anch’essa – astuzia della natura.

Non ho detto che per Marx conta innanzitutto l’Idea – leggere bene! – ma per Hegel è così. L’Idea – che è finalmente quella di libertà – si realizza comunque nella storia, secondo tempi e modalità che la stessa storia si incarica di determinare, e da queste modalità non è esclusa la guerra. Marx non disconosce questo cammino, ma pensa che vada  fatto piuttosto sui piedi che sulla testa. E i piedi sono le condizioni materiali che, tradotto dai suoi seguaci, significano diritti materiali. Oppure ci si vergogna del materialismo in quanto dottrina, oggi, non politically correct? La rivoluzione universale significa: da qui ad ogni luogo, da un punto a tutto il mondo.

Mi domando che cosa mai sia una rivoluzione, se non è guerra. Un tale pensiero, per Trockij, avrebbe tolto il sonno a tutti i borghesi del mondo. Dove avrei affermato quindi che Marx è fautore di una astratta dottrina dei diritti umani?

Ho poi affermato, questo sì, che la guerra umanitaria, a cui sono totalmente contrario, per me è una finzione morale perché, finché non si dà un patto – subjectionis – fra Stati, ogni invasione di territorio segue esclusivamente una logica di forza, tipica dello stato di natura. Un super Stato, invece, proprio in virtù di quel patto, sarebbe legittimato ad intervenire, anche mediante la guerra, là dove le condizioni oggettive di leso diritto lo richiedessero. Su Bobbio, reinventore della “guerra giusta”– contro il pacifismo ideologico – sembra che mi sia fatto capire. Da questo punto di vista, Bobbio è un kantiano.

 Vedete un po’ quante volte abbiamo dovuto pronunciare la parola guerra per arrivare ad escluderla dai nostri pensieri prima ancora che dal mondo. Qualcuno pensa di avere il monopolio della parola pace, anche italianamente intesa, dimentico che per conquistarla si è passati attraverso una guerra, fosse anche chiamata “Resistenza”.

Ho scritto le parole che piacciono in grassetto in omaggio all’interlocutore. Mi guarderei bene di negargli deferenza, anche se lui non è stato tenero con me: non ha avuto molto fair play ( I gentiluomini parlano delle cose e non delle persone. Vedi mia Lettera aperta a Pino Calendi su questo stesso sito)

In conclusione, non intendevo scrivere un trattato di filosofia, ma solo evidenziare che la guerra potrebbe rientrare negli strumenti per l’affermazione dei diritti democratici in tutto il mondo: strumento aborrito ipocritamente da chi non l’ha rifiutata quando è servita e serve a far camminare i propri modelli di riferimento ideologico. In America, due secoli e mezzo fa, si insediò nella Costituzione l’idea di libertà, e il semplice fatto che fosse lì ne determinò, tra difficoltà ed opposizioni locali anche violente, il trionfo su tutto il territorio  americano e in molti Stati europei e mondiali. Qualcuno, che non sia una testa all’ammasso, ricorda forse la prima e la seconda guerra mondiale? E la guerra fredda?

Quanto ci sarebbe da speculare su queste guerre, ma quel che conta è che, al di là delle intenzioni reali, abbiano fatto trionfare la democrazia e la libertà. Quando si muove, una civiltà libera porta con sé il germe della sua essenza ed è impossibile che non contagi in qualche modo l’ambiente con il quale viene a contatto. Io credo nel pacifismo giuridico – di Kant, di Kelsen e di Bobbio – ma senza il ”patto” tra Stati non può essere legittimamente – legalmente – attuato.

Per quel che concerne la più implacabile persuasione occulta che, secondo Bourdieu, sarebbe quella  che si esercita attraverso l’ordine delle cose, fu già un’idea gramsciana che tentava di dirozzare quella material marxiana.

Equivoci, contraddizioni? Può darsi, ma non quelle a cui, non molto chiaramente per la verità, si è accennato. 

Per quel che riguarda l’Iraq, i vecchi e i bambini morti per responsabilità unilateralmente individuate – da quelli che non hanno dato la testa all’ammasso – la demagogia è fin troppo facile e poco meditata, dal momento che si preferisce dare credito alle parole di Saddam Hussein piuttosto che a quelle di Tony Blair. Ma ognuno ha i referenti morali che crede.  Qui ammetto di essermi lasciato andare, e me ne pento.

Il terzo ed il quarto mondo: ci si preoccupa così tanto  da farne una questione quasi intimistica, un fatto addirittura spirituale, com’è d’altronde nella tradizione europea in generale ed italiana in particolare. Salvo poi dover constatare, al di là delle vuote parole di circostanza, che servono più a contrabbandare la propria falsa nobiltà d’animo – parlo di Europa e Italia – che a produrre benefici concreti; salvo constatare, dicevo, che quei Paesi soffrono economicamente anche, e forse soprattutto, perché noi – Italiani ed Europei – gli teniamo chiuse le nostre frontiere commerciali.

Adesso basta, sono esausto. Non sono così predisposto e nemmeno allenato per sostenere performances dialettiche così impegnative e lunghe. In questo momento la querelle ha termine, perché altrimenti si rischia di diventare noiosi, se già non lo siamo stati. Per cui: non attendo risposta.

 

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