Sulla memoria e il “Voi”. Lettera aperta a Pino Calendi. | |
di Aurelio BUFALARI |
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Caro Pino, continuando ad andare a scuola – non in quanto edificio – nonostante l’età, ho imparato che per condurre un corretto ragionamento occorre innanzitutto mantenere ferma la precisione dei termini e dei concetti. Mi rivolgo a te pubblicamente perché nella precisione dei concetti è compreso l’uso pubblico della ragione, la quale, altrimenti, in privato non potrebbe essere altro che una falsa “se stessa”, cioè avrebbe sempre ragione. Questo mi dà anche modo di rivolgermi a tutti coloro che, sia a destra che a sinistra, usano una particolare e medesima procedura argomentativa, quella dell’esclusivo riferimento a sé. Sotto questa forma, l’altro serve solo da strumento della propria auto soddisfazione. Una molto etica e molto estetica massima inglese suggerisce, secondo l’estetica, e stabilisce, secondo l’etica, che quando si parla delle cose, il galantuomo, dal punto di vista etico, o il gentiluomo, dal punto di vista estetico, non abbia mai a chiamare in causa le persone. Mi dirai, “ma tutto questo che c’entra con la memoria e con il Voi“? Ti rispondo “cercherò di farcelo entrare”. Ti ricorderai che, presente Sandro “Pitolo” e a proposito della mitica lancetta Città di Porto Recanati, mi parlasti di memoria e svicolasti poi in un Voi di cui non ho compreso il significato. Te ne sei andato mentre io tentavo di dirti che, sia a destra che a sinistra, viene spesso tirata in argomento, più a sproposito, per la verità, che a proposito, la memoria, confondendola assai di frequente con il ricordo. Un qualsiasi oggetto materiale non può essere mai accostato alla memoria, anche se è una mitica lancetta, perché la memoria ha a che fare con i comportamenti e non con le cose, le quali, semmai, attivano il ricordo. Per essere ancora più preciso: c’è una memoria biologica, cioè innata, che è il nostro carattere, e c’è una memoria culturale, che possiamo definire acquisita. Sia l’una che l’altra sono sempre e comunque presenti in noi, ineludibili, e ci determinano. Non c’è quindi alcun bisogno di andare a cercare la memoria negli oggetti o nei simboli. Il richiamo ad essa, quando non serve a liberarci dal conformismo, serve per lo più a mantenere gli ingenui vincolati a certi pregiudizi, che testimoniano di una certa maturità quando ci vengono a favore, e di una certa arretratezza quando ci vengono contro, ma che fanno comunque molto comodo ai retori, sia di destra che di sinistra. L’uso pubblico della ragione, di cui sopra, è una battaglia contro i retori in favore della libertà tout-court. Veniamo adesso al Voi, che come vedi scrivo con una sarcastica maiuscola, perché ti rivolgesti a me dicendomi ” voi volete togliere la memoria dei libri di testo”. Non ho capito se quello fu un deferente voi individuale – alla maniera fascista, per intenderci – o un voi collettivo che presuppone eventualmente dei con-sociati. Nell’un caso, come nell’altro, non saprei accettare un simile Voi e vorrei pregarti di darmi comunque sempre del tu, perché non mi ritengo meritevole di deferenza e, tradizionalmente, non sono mai stato un con-sociato, né a destra né a sinistra. Ciao. Aurelio
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