Il Cimitero degli elefanti. Vivere a Porto Recanati da un punto di vista estetico |
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di Aurelio BUFALARI |
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Buio totale, alberi lugubri e spettrali, catafalchi e bare di ogni specie e dimensione: elefanti, elefanti morti in quantità. Il “Castello” buio; la “Pinacoteca” e la “Biblioteca chiuse; Il Residence 2001 chiuso e non in vendita, per giunta; un palazzo – si suppone – in costruzione; due chioschi in attesa della rifioritura estiva, chiusi e bui; un gran “gazebo” in sonno letargico stagionale; negozi virtuali senza insegne; e infine il capo branco: lo storico cinema Kursaal: chiuso o aperto, aperto o chiuso, ma sempre esteticamente orrendo. Quel Castello, quella Piazza, vorrebbero avere luce e vita per tutto l’anno. La piazza centrale è ovunque il luogo eminente della vita di una città, altro che centro storico. Il problema non è il centro, già attivo e vitale per definizione, il problema è la piazza, che non è vivibile né vissuta. Il mare è lì a due passi, e fu il motivo della nascita del Castello. Ma il Castello nemmeno lo vede, il mare. Una scultura che vorrebbe pisciare al centro della piazza, in effetti è pisciata da un ridicolo getto: prostatico si direbbe, se non fosse che la fontana è femmina. Porto Recanati ha piazze virtuali, più adatte alle pisciate dei cani che alla vita all’aperto. Sarà il mito della natura madre, sarà la retorica del”verde è bello”, sarà quel che sarà, ma una cosa è certa, che mentre si cerca di mettere “zeppe” dappertutto, a nessuno viene in mente che una piazza – vera – è per l’occhio ciò che l’ossigeno è per i polmoni. Una questione solo estetica dunque? No, anche etica, perché là dove non c’è spazio per il bello, non ce n’è nemmeno per il buono. Lo sappiamo bene.
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