Il modo di vestire.


La donna
 

  el zuà
  el guarnellu
  la parnanza
  la mantella
  il fazzuletto


 

Questi gli elementi fondamentali. Poi ai piedi mettevano le «pianelle», ciabatte tipiche che in occasione della festa erano lucide, di copale.
Il colore era sempre nero con alcune eccezioni per il «guarnellu» che poteva avere dei puntini bianchi.
Nelle solennità, oltre alle «pianelle» indossavano «parnanze» lucide.
Le «purtannare» andavano sempre vestite di nero perché conservavano «el luttu» cioè questo colore, per molti anni.
Se moriva loro una persona cara portavano «el luttu strettu» persino per tutta la vita, mentre per un parente di secondo grado, si vestivano di grigio per sei mesi, o un anno, se questo era di giovane età.
«El mezzu luttu» così veniva chiamato, poteva anche essere evidenziato indossando calze di color grigio o da abiti neri a pallini bianchi.

 

 L' uomo
Un modo di vestire altrettanto pittoresco era quello che caratterizzava gli uomini della marineria.

  «A carne», cioè sulla pelle.
Come indumenti intimi, si indossava «la majia de lana», fatta ai ferri da donne esperte che intessevano fili di lana rustica e confezionavano maglie pesanti e calde che i nostri uomini indossavano sia d'inverno che di estate.
Così pure erano fatte di lana i mutandoni (le mutanne) che dovevano proteggere gli arti inferiori dall'aggressione del freddo e dell'umidità.


  Ai piedi d'estate zoccoli di legno aperti (quando non si preferiva andare a piedi nudi).
D'inverno di norma grossi calzerotti dalla pianta intercambiabile e zoccoli di legno chiusi da una tomaia di cuoio grezzo di un giallo ocra imprecisato, unti con sego di pecora.



Il vestito propriamente detto era costituito da:

  pantaloni di grosso cotone stretti alla vita da una lunga fascia nella quale spesso era riposta la borsa del tabacco e il fedele coltello a serramanico: tipico l'evidente risvolto dei pantaloni.
I «nazzaroli» - pescatori stagionali di seppie - per lavorare usavano le «salparelle», pantaloni usurati da lasciare alla mercé del fiele e della salsedine.


  Una camicia di cotone o di flanella priva di colletto
  il gilet sempre sbottonato
  d'inverno, sopra tutto la «camigiola», cioè la giacca (più spesso portata sulle spalle).
  in testa solitamente un berreto con visiera: e c'era chi come zì Maretto dei Picciotti preferiva un basco di lana fatto a mano con sopra un caratteristico pon pon.


Naturalmente gli «artieri» (artigiani) e tutti gli altri erano vestiti in modo più aderente alle mode del tempo.
Un tempo si diceva che il «marinà» si metteva le scarpe solo per sposare.


tratto da: « C'era 'na ô » di Emilio Gardini ( Edizioni Tecnostampa Recanati - dicembre 1994 )