La casa dei pescatori.


La casa del pescatore era modestissima: un'unica stanza a pianterreno divisa in due parti da una tenda o da un «muro a curtellu», un ripiano sopraelevato detto «el sularu» dove dormivano i ragazzi e dove venivano accumulati gli attrezzi del mestiere: nazze, reti, corde, ed oggetti vari.
Per accedervi c'era una scala di legno.

Case molto basse, costruite con «malta» e scaglie di pietre e mattoni.
Per entrare in casa si dovevano scendere alcuni gradini perché la stanza aveva mezzo metro di dislivello rispetto al piano stradale per sfruttare il calore e la protezione del terreno circostante, che la rendeva più fresca in estate e più calda in inverno.
Una parte della stanza era adibita a cucina e l'altra a camera da letto.

Il pane.
Il pane veniva fatto in casa e cotto poi al forno comune. Le donne del Porto mettevano la farina nella «cunchetta», una conca di legno, vi aggiugevano acqua e lievito poi impastavano il tutto fino ad ottenere «la massa del pà».
Questa, ricoperta con teli e coperte, veniva lasciata a lievitare durante la notte.
Il mattino, dopo averla ben «smenata» la si tagliava in pezzi informi che sotto le mani esperte della massaia diventavano «pagnotte».


Dal forno si prelevava una lunga tavola e lì, dopo averle segnate con un segno di croce ed un particolare «sfrigiu» o segno di riconoscimento, si ponevano per essere poi portate al forno.
Con la «massa» che avanzava si faceva una «crescia» a base di rosmarino o cipolle ed olio o di «grascelli» ovvero dei bocconcini di grasso prelevati dalla «pista» quando si uccideva il maiale.


Il condimento.
Il lardo di maiale costituiva, soprattutto in inverno, il principale condimento dei vari cibi, a cominciare dal «sugu» per la pastasciutta per finire alla merenda quotidiana, spalmato sul pane.
Le nostre donne lo battevano con la «manaretta» sul «battelardu» e questa operazione veniva chiamata «el battutu».
Lardo e cipolla triturati insieme e poi soffritti, con l'aggiunta di un cucchiaio di «cunserva» di pomodoro costituivano il condimento ideale di ogni pasta.


tratto da: « C'era 'na ô » di Emilio Gardini ( Edizioni Tecnostampa Recanati - dicembre 1994 )